OGGI 7 SETTEMBRE, MONTESILVANO. Ultima tappa balneare del
Jova Beach Party, che abbandonando le spiagge ci regala un sospiro di sollievo,
solo momentaneo, consapevoli del fatto che potremo ritrovarcelo di nuovo in
giro per una edizione 2020. La tappa di Montesilvano doveva essere “tranquilla”
tanto che Nuovo Saline Onlus, organismo di monitoraggio ambientale, aveva
certificato che il Jova beach Party non può fare danni, “visto che lì non e
rimasto nulla da distruggere”.
Eppure anche lì hanno trovato modo di
distruggere qualcosa, come attesta questo articolo di Greenme: le siepi del lungomare
ad esempio, con la solita scusa del degrado e della pulizia, sono state
sradicate; hanno dovuto cambiare il profilo della spiaggia, ripascendola non
una, ma due volte, a causa delle mareggiate, operazioni condotte
presumibilmente senza autorizzazioni V.I.A. e paesaggistiche, e sicuramente
impegnando ancora denaro pubblico per un evento privato. Ancora abbiamo visto
foto di bottiglie di plastica, per un tour plastic free, abbandonate sul lido,
al sole, senza nessuna considerazione per la salute degli spettatori. A
dimostrazione del fatto che imporre una manifestazione di tali dimensioni su
una spiaggia, è come tentare di infilare uno stereo nella scatola di una radio
portatile. Impossibile farlo senza produrre danni ambientali di ogni genere, ed
evidenti disagi alla popolazione. Comunque sia, siamo quasi all’ultima battuta
di un evento che ho scelto di raccontare attraverso questo blog, e l'omonima pagina fb, lanciando anche un crowdfundingsulla piattaforma Produzioni dal Basso, che si concluderà tra due settimane, il
21 settembre, giorno del concerto conclusivo di Linate, e che rilancio oggi,
ringraziando chiunque vorrà aderire per sostenere questo sforzo di resistenza e
controinformazione, che in questa estate 2020 non mi ha concesso, non ci ha
concesso, un attimo di respiro.
Stare dietro al Jova Beach e alle sue nefandezze, ha
comportato una permanenza sul fronte di battaglia, giorno dopo giorno, ora dopo
ora, seguendo via via gli aggiornamenti, condividendo o filtrando notizie per
organizzare un fronte di resistenza, realizzare dei sopralluoghi, o semplicemente
fare da staffetta per una controinformazione efficace su questa tematica. Un
impegno, superiore al previsto, che ha comportato un notevole scompenso nella
mia vita famigliare e nella mia estate, passata diversamente da come avrei
sperato, al pari di tanti altri, coinvolti loro malgrado in questa inevitabile
battaglia. Il JBP ci ha assorbito un sacco di energie che avremmo voluto
spendere per cose migliori e più importanti, quando già quelle a disposizione
ci erano appena sufficienti per gli impegni ordinari, anche sul fronte
ambientale. Eppure, nonostante tutto, ci è sembrato, al momento dell’annuncio
di questo tour, che occuparsene fosse una priorità, non solo per difendere i
nostri litorali da una manifestazione che si presentava come un pericoloso fuori-scala,
ma soprattutto per la consapevolezza che il suo impatto mediatico avrebbe
determinato un punto di non ritorno , oltre il quale non solo proteggere le
spiagge da un uso improprio, ma anche fare ambientalismo in senso lato, sarebbe
diventato più difficile.
I fatti ci hanno dato pienamente ragione e purtroppo i danni
del tour sono andati oltre le più pessimistiche previsioni. Uno tsunami, di
ipocrisia e opportunismo che ha distrutto qualunque cosa sul suo passaggio, con
l’illusione di lasciare le spiagge pulite. Anzi più pulite di prima.
Nessuno di noi, credo, si aspettava un tale livello di
violenza. Partivamo con la convinzione che tanti appelli, da parte di tanti
enti e personaggi autorevoli, avrebbero permesso di instaurare un dialogo
costruttivo per la minimizzazione degli inevitabili effetti collaterali.
Invece, le immagini delle ruspe, che tappa dopo tappa hanno livellato le
spiagge, azzerandone i rilievi dunali e gli strati vegetativi, e anche in siti
riproduttivi sottoposti a tutela, ci hanno obbligato a vivere un vero film
dell’orrore, reso ancora più scioccante da una negazione seriale dell’evidenza
dei fatti, perpetrata con arroganza dagli organizzatori, dagli amministratori,
e dallo stesso WWF, in una continua opera di mistificazione degna di un manuale
della comunicazione.
Adesso che siamo in settembre, alla fine dell’indegno
baraccone ostentato su tanti lidi, possiamo fare la conta dei danni, e affermare
che non solo le spiagge, con i loro ecosistemi, ma anche i comuni cittadini
sono stati vittime di un grande sopruso, che tuttavia ha rappresentato anche
un’occasione di risveglio civico, e una possibilità di risalto mediatico per
sventolare la bandiera del Fratino di fronte a persone che nemmeno immaginavano
l’esistenza di complesse problematiche naturalistiche, nell’uso delle spiagge
per le attivita umane. Sono scoppiati scandali legati anche alla sicurezza, la
viabilità, i costi diretti e indiretti impropriamente addossati ad
amministrazioni ed enti pubblici, lo sfruttamento del lavoro volontario, lo
spaccio di droghe all’interno del villaggio JBP, la sperimentazione con il 5G
durante i concerti, la dispersione in ambiente di rifiuti plastici nonostante
tutti i proclami plastic free. Ci sono stati continui colpi di scena e
polemiche che non termineranno con la fine del tour.
Di fronte a tutto questo, tappa dopo tappa, un fronte di
opposizione duro e trasversale ha fatto
breccia nell’opinione pubblica, e sebbene non potesse competere con il Golia
mediatico rappresentato dal tour, gli ha fatto male, molto male. Lo si capisce
dalla reazione sempre più rabbiosa, e minacciosa, verso chiunque abbia proposto
una narrazione alternativa al sogno pace, amore e ambiente che hanno cercato
disperatamente di vendere. Siamo stati bollati come terroristi ambientali e
propagatori di fake news, fino all’ultimo delirante sfogo di Jovanotti che ci
ha equiparati alle fogne di Nuova Delhi, e ha segnato in fondo un punto a
favore per tutti noi, perché la sua uscita per la prima volta ha compromesso
notevolmente la sua immagine, e da cantante meno divisivo della musica
italiana, si è ritrovato ad essere al centro di un ciclone di critiche. E
questo sicuramente avrà le sue conseguenze per ogni eventuale seguito di questa
sua avventura balneare. Le proteste sono sorte comunque spontaneamente in ogni
tappa del tour, richiamando continuamente l’attenzione della stampa, tre tappe
sono state annullate, o comunque spostate, sono state presentate diecine di esposti,
che faranno il loro corso, come già avvenuto a Vasto, dove i carabinieri si
sono mobilitati; sono emerse tante carenze documentali, tante palesi o presunte
violazioni di legge, che richiederanno da parte nostra un ulteriore lavoro di approfondimento,
al fine di presentare ulteriori ricorsi, contro questo immane sopruso cui abbiamo,
nonostante una ferma opposizione, dovuto assistere.
Tutto questo ho provato a raccontarlo, anche solo
selezionando e condividendo materiale di comune interesse. E se qualcuno vorrà
aderire al crowdfunding mi aiuterà nelle ultime fasi riepilogative di questo
impegno, e nella produzione di un documento di raccolta, non solo dei miei post
dal blog, ma di tanti altri documenti o lettere che hanno scandito questa
battaglia e che, sono convinto, bisognerà continuare a combattere anche
attraverso incontri pubblici, senza perdere nessuna occasione per fare una
corretta informazione.
In una scala di valutazione più grande, questa vicenda è
servita se non altro per creare nuove dinamiche di alleanza, necessarie a
rimpiazzare il grande vuoto lasciato dal WWF, che in una battaglia che gli
competeva si è inspiegabilmente schierato contro tutto il fronte ambientalista,
è servita per capire ancora una volta che bisogna fare fronte comune, se non si
vuole essere bollati come siglette ambientaliste in cerca spasmodica di
visibilità, per poi finire nelle fogne di Nuova Delhi.
In una scala di valutazione personale, penso che sarebbe
stata davvero un'estate buttata al vento, dietro i vaneggiamenti di un artista
al picco della sua megalomania, se non avessi avuto l’occasione di incontrare e
conoscere tanti attivisti, o rinsaldare i legami con altri, e non fossi stato
gratificato dalla possibilità di sostenere il loro sforzo, e rendere omaggio al
loro impegno verso l’ambiente, o raccontare con sollievo degli stessi miracoli
della natura che, nonostante tutto, continuano a rinnovarsi sulle nostre
spiagge. Ultimo l’involo di Scirocco, l’ultimo fratino, dalla spiaggia di
Ostuni.
Ringrazio Augusto, Alessandra, Silvia, Mario, Menotti, Cora,
Roberto, Cristian, Roberta, Vincenzo, Mauro, Serena, Ugo, Mario, Alessio,
Salvatore e tanti, tanti altri compagni di questa avventura, che non mancherò
di citare nell’ebook A chi jova beach tour. Ringrazio di cuore tutti coloro che
hanno dimostrato interesse e sostegno a questo mio e nostro sforzo personale, che
hanno manifestato affetto e attenzione per la causa, che si identifica sotto la
bandiera comune del Fratino.
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