lunes, 10 de agosto de 2020

A CHI JOVA BEACH TOUR _ DOWNLOAD

 

 

10 Agosto 2019. Un anno fa il Jova Beach Party, tappa dopo tappa, imperversava sulle nostre spiagge, ed esattamente oggi andava in scena il concerto di Roccella Jonica, uno degli episodi più gravi tanto per i danni ambientali, quanto per l'atteggiamento assunto dall'Amministrazione locale che, sulla linea assunta da Trident e dalla dirigenza WWF, non solo negava le proprie responsabilità, ma pretendeva di fare lezione di ambiente persino all'ISPRA, intervenuto sulla vicenda con un parere negativo. Proprio oggi, ho scelto di diffondere finalmente la pubblicazione di "A CHI JOVA BEACH TOUR - cronache di ordinario delirio dalle spiagge italiane", rinviata anche troppo, a causa della pandemia e di vari altri fattori. Si tratta del racconto di un'estate in trincea, con il suo strascico di eventi e riflessioni, attraverso le pagine di questo blog, e le condivisioni di tante altre voci di denuncia dall’omonima pagina fb. Un racconto collettivo, con tutti i pregi e i difetti di un reportage in presa diretta, su una vicenda che ha comunque segnato la storia dell’ambientalismo e del (mal)costume italiano, offrendo spunti per considerazioni generali di ecologia. Un omaggio a tutti quelli che hanno creato un fronte di resistenza e consapevolezza, sotto la bandiera comune del Fratino.

Ho scelto di diffondere questo PDF oggi per attendere la pubblicazione della lettera di Augusto De Sanctis (qui il suo post), riportata in fondo al libro, che rappresenta un clamoroso aggiornamento su quanto avvenuto l'anno scorso. Dalla documentazione emersa, attraverso la richiesta di accesso agli atti presso il Comune di Roccella Jonica, per la prima volta da parte di Trident Music troviamo NERO SU BIANCO la richiesta all'Amministrazione roccellese di SBANCAMENTO DELLE DUNE, ovvero la richiesta di commettere un incontestabile reato, trattandosi di ambiente protetto. Oltre a tutta una richiesta di costose prestazioni, ovviamente a carico dell'Ente Pubblico. E così tutta la loro linea di difesa, la negazione seriale dell'evidenza dei fatti, degna di un manuale della mistificazione, perpetrata grazie all'alleanza con i principali Media italiani, decade miserabilmente una volta per tutte. 

Maurizio Salvadori, Jovanotti & c., che hanno accusato di qualunque bassezza il variegato fronte di opposizione al Tour -per loro eravamo dei terroristi ambientali, propagatori di fake news, gente in malafede alla ricerca spasmodica di visibilità, esponenti di un mondo "più inquinato delle fogne di Nuova Delhi"- oggi si rivelano definitivamente, alla luce dei fatti, per quel che sono. A conclusione di una lunga, tormentata vicenda di cui, scorrendo queste pagine, potrete avere un quadro completo e veritiero.

Per scaricare il libro cliccate sulla copertina, oppure qui DOWNLOAD - A CHI JOVA BEACH TOUR

 

p.s. La fantomatica casa editrice FRA&TINO non ha un sito internet, non esiste semmai voleste cercare informazioni, ma è una sigla creata appositamente per questa pubblicazione, prendendo spunto dal colloquio radiofonico tra Jovanotti e Fiorello, nel quale i due, non avendo di meglio da fare, si divertirono a ironizzare sul Fratino, con pessimo gusto. 

 




domingo, 5 de julio de 2020

UN ANNO FA IL JOVA BEACH PARTY...


 Foto di Mario Orlandi


6 luglio 2019. Un anno fa il Jova Beach Party debuttava a Lignano Sabbiadoro. Cominciava lo sfruttamento intensivo delle spiagge da parte dello showbiz italiota, e il rispetto per l'ambiente veniva letteralmente calpestato dalle 45.000 persone accorse. Le prime immagini del concerto causarono sconcerto, ci credo. Poi, tappa dopo tappa, ci saremmo abituati a queste adunate da regime mediatico. Se la prima tappa fu Lignano, nel programma originale del Tour l'ultima spiaggia, da lasciare "più pulita di prima", doveva essere Lido degli Estensi. Poi, l'annullamento del concerto di Vasto, li costrinse a riparare a Montesilvano, già nel mese di settembre. Ma Lido degli Estensi fu comunque l'ultimo sito di nidificazione del Fratino ad essere violato.

Quest'anno Jovanotti non c'é più, almeno sulle spiagge. E Fabbri non è più sindaco di Comacchio, e nemmeno più presidente del Parco del Delta. Pare sia passato a fare danni alla Regione. Io ho avuto la fortuna di tornare sul classico "luogo del delitto" pochi giorni fa. Accompagnato da Mario Orlandi e Francesca Santarella, ho notato con grande piacere che l'habitat di dune embrionali, spazzato via dalle ruspe, sta riprendendo il sopravvento sull'encefalogramma piatto generato dagli organizzatori del megaevento. Chissà, forse meditavano di farvi altri concerti, ma il Covid-19 glielo ha impedito. 

Credetemi, è stata grande l'emozione di vedere proprio lì, a Lido degli Estensi, tra le piante di cakile e nappola, un meraviglioso pullo, oramai prossimo all'involo. Sembra essere sul chi va là, e come dargli torto? Penso non ci possa essere migliore conclusione per questa lunga scia di post, migliore simbolo di speranza. La natura si dispiega di nuovo nella sua Estensione. E la resistenza continua!



Franco Sacchetti





p.s. una comunicazione di servizio: a causa di problemi tecnici sul mio sito non sono riuscito a pubblicare oggi la raccolta di tutti i post di "A chi Jova Beach Tour". Lo farò entro questa settimana. Stay tuned! :)

domingo, 21 de junio de 2020

NOI FENICOTTERI DEL DELTA DEL PO




Esattamente un anno fa inauguravo questo blog, quando mancavano un paio di settimane all'inizio del JBP, per raccontare un evento di cui non intuivamo ancora pienamente la portata distruttiva. Sono tante le immagini che ci rimangono negli occhi, e nel cuore, dall'estate scorsa. Indimenticabili quelle dei giovani fenicotteri rosa, che vagano smarriti in mezzo agli ombrelloni. "Dove mi trovo? Che sta succedendo?" sembrano esclamare. Nel corso del tour, è scomparso anche un fratino a Rimini, ma si sa che le sparizioni non sono fotogeniche. In questo caso si è trattato invece di un boom di apparizioni inattese degli splendidi trampolieri, a Cervia, Rimini, Riccione, Numana, Pesaro, Cesano, Falconara, che tutti hanno potuto vedere in pieno giorno. In questo video, da Rimini, si vede zampettare uno dei fenicotteri, spaesato, tra lettini e ombrelloni. Invece in quest'altro video, da Cervia, se ne vede un altro letteralmente inseguito dalla folla, come se si trattasse di un alieno, sbarcato da un pianeta sconosciuto, e non di un uccello che è abbastanza di casa da quelle parti. 
Non c'é più ritegno, non sopravvive in noi nemmeno un barlume dell'idea che un animale abbia forse semplicemente bisogno di essere lasciato in pace nel suo ambiente. Noi che siamo così attenti al concetto di privacy, quando riguarda noi stessi. E come potremmo, se il più grande evento dell'estate 2019 ci ha lasciato in eredità la convinzione che la natura sia un semplice palcoscenico compiacente? Un set, talvolta bizzarro, talvolta romantico, per le nostre foto, nient'altro che un set. Come stupirsi allora, alle raccapriccianti immagini del sub che l'estate scorsa aveva trasportato a riva una Caretta caretta per scattarsi una foto? Oppure per la tragica vicenda del cucciolo di foca monaca sui litorali pugliesi, inseguita, fotografata, piantonata, infine morta? Ma torniamo ai fenicotteri. Sono arrivati sulle spiagge, in mezzo ai bagnanti, probabilmente perché, poverini, erano sprovvisti di cuffie per i rumori molesti, come spiegato in questo articolo dal sito GreenMe. Esattamente il giorno dopo il concerto a Lido degli Estensi. Costretti a divenire anche loro delle attrazioni balneari.


Sono immagini comiche, e al tempo stesso tragiche. Io ci trovo la stessa carica iconica degli orsi che vagano su una zattera provvisoria di ghiaccio destinato a sciogliersi. Variazioni, dello smarrimento che il mondo animale deve provare di fronte al cambiamento dei loro ecosistemi e all'invasiva, capillare diffusione delle attività umane nel globo. Che reclamano sempre ulteriori spazi alla privacy del creato, nel pullulare di nuovi sport estremi, esperienze di diporto creativo e spettacoli in natura (d'altronde lo stesso Jovanotti ha dichiarato che il Jova Beach Party è uno sport estremo). Uno smarrimento nel quale non possiamo che identificarci, se siamo capaci per un solo attimo di guardare il mondo in maniera meno antropocentrica, e chiederci anche noi: dove siamo? Che sta succedendo? Perché?


Se ripensiamo all'estate scorsa, il JBP ci appare lontanissimo, eppure vicinissimo, con il suo grottesco corteggio di sindaci, che lo hanno inseguito con l'ossessione di un sogno erotico estivo, disposti a svendere ogni credibilità e rispetto istituzionale per il fascino perverso del consenso mediatico. 


Lontanissimo perché, questa estate, le condizioni in cui ci troviamo a vivere la dimensione balneare sembrano diametralmente opposte: da una stagione zeppa di eventi, siglata dagli assembramenti oceanici del dio Jova – fino a 50.000 persone stipate impietosamente su di una povera spiaggia per la foto ricordo - a un'estate senza eventi, all'insegna del distanziamento sociale. 
Di fatto, non c'é bisogno di eventi, perché quest'anno è andato in scena un unico grande megaevento mediatico: il Covid, che ha avuto la forza di riconfigurare tutte le nostre esistenze. E come un virus particolarmente diffusivo, Jovanotti pure è mutato, trasformandosi in Jovid-19, ricominciando a imperversare, prima con il suo “Jova House Party” - fino a 4 ore di trasmissione al giorno, poveri noi! - a rendere ancora più alienante il periodo della quarantena, e poi con il suo docutrip “Non voglio cambiare pianeta”, nel quale ha dimostrato quanto sia ecologico spostarsi per 4.000 Km in bici, dopo averne percorsi 13.000 su un aereo, e altrettanti a ritorno. Se lui dice “Non voglio cambiare pianeta” noi rispondiamo “Peccato!”. E se questa epidemia ci ha dimostrato, per tanti versi, che il vero virus è l'uomo, ne abbiamo una ulteriore patologica conferma. 
Un uomo plagiato e plasmato dal capitalismo, il quale parla attraverso i suoi campioni mediatici, che non a caso si sono affannati, in un estenuante presenzialismo, a riconfigurare le proprie strategie, per non perdere “grip” tra gli adepti, e portare comunque a termine la missione a loro assegnata.






Vicinissimo, perché il Covid sembra non averci insegnato proprio nulla. Le prime settimane di quarantena, con la riduzione repentina dell'inquinamento, nell'evidente correlazione tra disastro ambientale e diffusione del virus, avevano lasciato sperare nell'avvio di una presa di coscienza collettiva. Con l'immagine di un pianeta che tornava a respirare mentre noi indossavamo delle mascherine; di una natura che tornava a muoversi libera, con la sua biodiversità superstite, mentre noi restavamo confinati nelle nostre mura. Purtroppo, come amaramente presagito da Steve Cutts nella sua animazione Man 2020 non è andata proprio così. Anzi, se possibile, questo periodo, invece di spingerci a ricostituire un rapporto sano con il nostro ecosistema, da cui dipende in fin dei conti la nostra stessa salute, ce ne ha ancora più allontanati, avvolgendoci in un alienante film di plastica, con drammatiche ricadute in termini di inquinamento. 
L'ossessione igienistica che imperversa sembra solo l'evoluzione paradossale del mantra "Lasceremo le spiagge più pulite di prima" che ci ha accompagnato lungo tutto il tour di Jovanotti. E tra "pulito" e "igienizzato" poco ci manca, soprattutto se la pulizia è occasione per "sterilizzare" interi ecosistemi costieri. Non a caso, abbiamo visto spiagge disinfettate con la candeggina, e non a caso, continuiamo a vedere immagini di spiagge livellate dalle ruspe, come avvenuto ieri ad Agrigento (qui articolo). Non so se questa fosse la preoccupazione delle persone che hanno pensato bene di smantellare un monumento naturale, perché troppo sporco, troppe erbacce, troppa natura vi si poteva annidare. Forse persino un virus. Oppure c'era semplicemente bisogno di più spazio, per rispettare i sacrosanti criteri di distanziamento sociale. Meglio allora spianare tutto, bonificare e restituire alla collettività un'area dove sopravviveva un ecosistema non allineato al sistema. 


La rarefazione dell'uomo non potrà che produrre ulteriore rarefazione della natura. Perché se abbiamo imparato, o abbiamo dovuto imparare, i rituali del distanziamento sociale, siamo del tutto refrattari a praticare un sano distanziamento ambientale. E gli operatori balneari ne hanno approfittato per tentare e realizzare, in molti casi, un vero e proprio colpo di mano, che ha permesso l'estensione dei loro privilegi fino alle spiagge libere. Tanto per devastare quel poco di spazi collettivi seminaturali rimasti.
Così, le grandi ammucchiate di Jovanotti, e il distanziamento balneare, due situazioni tanto diverse, finiscono paradossalmente per produrre lo stesso drammatico effetto. E il fatto che nella task force del Governo ci sia ora anche Donatella Bianchi, con la "competenza" acquisita durante il Jova Beach Party, non ci aiuta certo a stare tranquilli. Gli operatori balneari si allargano, passano a gestire anche le spiagge libere, arrivano con i loro trattori, magari di marca Landini, a conquistare alla “civiltà” nuovi tratti semiselvatici di costa. E una volta che si saranno allargati, che avranno conquistato un diritto, sarà ben difficile farli tornare nei ranghi. 
 

Ma in fondo, è tutto in linea con il piano iper-liberista per il rilancio del paese. Il piano Colao, come dichiarano da ISDE-Medici per l'Ambiente (qui articolo), «doveva segnare un deciso cambio di passo e mettere sul tavolo del Governo Conte proposte innovative per un superamento di quel modello di sviluppo che sta ipotecando la possibilità di sopravvivenza su questo pianeta e di cui le pandemie, come gli eventi climatici estremi, sono segnali che non possono più essere ignorati. Questo cambio di passo invece non c’è e si  continua a programmare  ignorando le cause profonde  dell’attuale crisi che non è solo sanitaria e economica, ma anche sociale, ambientale e climatica». Intanto i fondali dei mari sono così pieni di guanti e mascherine, che forse la stessa Bianchi suggerirà il varo di un nuovo Jova Beach Party, con tutto il suo merchandising di plastica riciclata, per spiegare alla popolazione come ci si deve comportare.


A quanto pare, ieri 20.06.2020, con il solstizio, è terminato il calendario Maya, e da oggi comincia una nuova era. Tutti ricorderete a riguardo il 20.12.2012 ma qualcuno aveva evidentemente sbagliato i calcoli. "Mi fai sentire un poeta, anzi di più un profeta, che annuncia l'inizio di una Nuova Era" cantava l'anno scorso Jovanotti nel singolo omonimo che accompagnava il lancio del disco "Jova Beach Party". Speriamo bene...




sábado, 23 de mayo de 2020

IL DECRETO SBLOCCA-SPIAGGE


Le disgrazie non vengono mai sole, recita il proverbio. Il che si rivela tanto più vero quanto più ci allontaniamo dall'estate dei Beach Party e dalla giusta distanza riusciamo a concatenare gli eventi per trarne le dovute conclusioni. 
Il Jova Beach Party è stato la rappresentazione straordinaria di un ordinario delirio da spiaggia, l'apice spettacolare -direi il manifesto politico- della deroga permanente a qualunque principio di tutela degli habitat naturalistici.
Per questo ha gratificato tanto i sindaci -alcuni sindaci- che sono saliti ebbri sul suo carrozzone sbarazzandosi di ogni remora. La proposta del Tour si potrebbe leggere come l'equivalente di quella lettera di accompagnamento al decreto “Sblocca-Italia” inviata ai sindaci il 2 giugno 2014. “Quanti cantieri abbiamo bloccato per la mancanza di un parere, per un diniego incomprensibile di una sovrintendenza, per le lungaggini procedurali." scriveva Renzi "Individuate una caserma bloccata, un immobile abbandonato, un cantiere fermo, un procedimento amministrativo da accelerare e segnalatecelo”. Ecco, Jovanotti, tra le righe, ha esteso quell'esortazione ai litorali: individuate una spiaggia libera, bella, remota, possibilmente seminaturale e poco accessibile, possibilmente con nidificazioni di Fratino, o Caretta, e segnalatemela. In sintesi, uno Sblocca-Spiagge, ma non per decreto del Presidente della Repubblica, bensì per decreto mediatico.


Molti Amministratori pubblici odiano i cosiddetti "vincoli", perché impediscono lo "Sviluppo", quindi ogni occasione è buona per ignorarli e scavalcarli. E il Jova Beach Party ha rappresentato l'occasione perfetta. A quei sindaci non è sembrato vero di avere finalmente le mani libere, e poter fare tutto quello che da sempre avevano sognato sulle “loro” spiagge, per di più con l'appoggio di quelli del WWF, che fino al giorno prima avevano solo messo i bastoni tra le ruote. Mentre tutti gli altri ambientalisti sembravano all'angolo, stigmatizzati sulle pagine di tanti quotidiani, accusati persino di terrorismo. Gli deve essere sembrato davvero l'Inizio di una Nuova Era, tanto che altri sindaci di altre città hanno iniziato spontaneamente a candidare il proprio Comune per il Jova Bis, un Party che, purtroppo per loro, non è stato nemmeno pianificato. Già, perché qualcosa sembra essere andato storto e, come accaduto a Renzi per lo Sblocca-Italia, quei “tre o quattro comitatini locali”  si sono rivelati ben più tosti del previsto, sfiancando Jovanotti e la sua invincibile armata con una guerriglia continua, trascinandolo quotidianamente su media locali e nazionali tra accuse e denunce.


Se nell'immane sforzo di persuasione che lo ha impegnato lungo tutte le spiagge d'Italia, - e si è curiosamente intersecato con il Beach tour elettorale del Salvini formato Papeete - Jovanotti ha bruciato gran parte della credibilità di cui godeva presso un pubblico sensibile alle tematiche ambientali - fino a ieri incondizionatamente il suo pubblico - possiamo dire che si è immolato per l'alta causa alla quale era stato chiamato: fare da testa d'ariete al cartello del greenwashing, spianare la strada con le sue ruspe a una nuova generazione di eventi su vasta scala, tesi a mettere le mani sulle spiagge seminaturali, l'ultima frontiera, l'ultimo luogo sacro inviolato. Sul quale Jovanotti è atterrato con la retorica incoscienza di un astronauta in procinto di allunare, nel cinquantenario dello sbarco. 


Se il consumismo è per sua necessità camaleontico, l'ultima e definitiva mossa non poteva che seguire il camaleonte nel suo stesso ambiente, la Natura, per mimetizzarsi al meglio nella macchia. Scegliendo luoghi incontaminati, selvaggi e appartati, per collocarsi un passo fuori dal sistema, quel tanto che basta per accreditarsi quali hippie controcorrente, rivoluzionari dal tatuaggio green. Tanto da far apparire gli ambientalisti veri dei beceri conservatori, perché letteralmente e semplicemente vogliono "conservare" l'ambiente per le future generazioni. Mentre si apparecchia l'ultimo pasto per il capitalismo, che "ha bisogno di un certo "anticapitalismo controllato" (l'impronta ecologista del tour, l'appoggio del wwf ecc) per legittimare sé stesso e screditare chi fa reale conflitto".(1)






Il condottiero di una tale operazione non poteva che essere lui Jovanotti, per il consenso trasversale di cui godeva, per l'aura da Santone ambientalista di cui era riuscito con molto mestiere a circondarsi. Tante contrarietà, tante critiche non lo hanno indotto tra l'altro ad alcun ripensamento, a moderare i toni, confermandosi Campione dell'ambientalismo capitalista” in una intervista di dicembre su La Stampa, nella quale dichiara, senza porsi troppi problemi, che “La decrescita felice è una cazzata”. Come abbiamo potuto constatare tappa dopo tappa, mese dopo mese, dove passa Jovanotti decrescono i prati (difficoltosa la ripresa vegetativa nei luoghi del suo Tour) ma crescono le “occasioni di sviluppo” - più o meno “ecofriendly”- del territorio. Propiziate dal profeta della Nuova Era, che funge da apripista per nuovi eventi musicali, e occasioni di occupazione del suolo; da Sblocca-Spiaggia insomma. Perché "l'uomo vuole crescere, è scritto nel nostro software, si tratta di aggiornare il software ai tempi nuovi." (2)


Nel precedente post ho parlato del caso emblematico della spiaggia Torre Flavia, dove il Jova Beach Party, prima di essere a sua volta bloccato dalla mobilitazione popolare, è stato l'occasione per tentare di sbloccare un campeggio -già posto sotto sequestro per abusivismo- per le comprensibili necessità logistiche di un concerto fuori scala. Il primo caso di una prevedibile “corrispondenza d'amorosi sensi” tra un Grande Evento del genere e le “bande del mattone” che tramano alle spalle delle dune in tutta Italia. Un caso che possiamo accostare a quello di Policoro, dove Marinagri, storica speculazione edilizia, è servita come varco di ingresso per l'invasione di una tribù che balla, e calpesta, all'interno di un'area protetta, con i gigli di mare in fioritura. A Cerveteri poi, secondo episodio della saga "Assedio alla Palude di Torre Flavia", il concerto è stato l'occasione per lanciare il “Cerenova Summer Village”, e proporre in settembre la realizzazione di impianti sportivi, sulla stessa spiaggia di Campo di Mare. Come se il Jova Beach Party fosse l'evento scatenante o concomitante di un vortice di appetiti sugli ultimi residui di naturalità, ecco che a ottobre si profila infine il progetto per un distributore di benzina e un'area di sosta camper, alle spalle della palude! A dicembre, come riportato nell'articolo “Non c'é pace per il Fratino” di Francesca Buoninconti, veniamo a sapere che Beach Arena chiede al Comune di Rimini la concessione della spiaggia libera, la stessa del Beach Party, per realizzare eventi sin dal 20 giugno. Ultimo della lista il Comune di Montesilvano, che annuncia un festival musicale sulla spiaggia del Jova Beach Party, con ospiti internazionali, dal 12 al 14 giugno. Poi è arrivato il Covid-19 a sconvolgere tutti i piani, ma l'impronta data comunque sopravviverà all'ondata epidemica, possiamo esserne certi. Come non ricordare anche l'Atlantico Tour di Mengoni, o la gara di motociclismo da cross a Roccella Jonica, o uno sciame di piccoli e grandi eventi in natura che, laddove non siano stati originati dal Jova Beach e nei luoghi del Jova Beach, hanno beneficiato della sua “indulgenza plenaria”. Perché quando apri un varco per fare passare 500.000 persone è difficile richiuderlo. 


Questo è stato il Jova Beach, un Grande Evento che, per le sue caratteristiche straordinarie, ha giustificato la sospensione dell'ordinaria prassi di gestione del territorio, la sospensione della legge in virtù di quella generata dal consenso mediatico; chiamando in causa i miracolosi benefici economici che doveva portare, si è insinuata l'idea paradossale che per superare la crisi del turismo – e anche quella dell'ambiente – servissero i grandi eventi, e che spiagge e prati d'alta quota dovessero convertirsi negli stadi del terzo millennio. Una via di comodo per “sognare di consumare come prima, esaurire la natura e darle una mancia” (3). Tanti sindaci, che cercano di far quadrare i conti nella generale crisi degli Enti pubblici locali, ci hanno creduto, e hanno seguito lui, Jovanotti, l'emiro mediatico che prometteva ricchezza chiedendo però l'esenzione dal pagamento del canone di affitto, il buffone che passava col suo carro di Carnevale, lanciando caramelle, e il giorno dopo li avrebbe lasciati con i problemi di sempre, e una pila di denunce con cui fare i conti. 


Da un punto di vista culturale, il JBP ha portato a compimento quello che la cosiddetta legge Sfasciaparchi, sempre dell'Esecutivo Renzi, ha realizzato a livello legislativo, operando una “controriforma” della legge quadro 394/1991: l'idea di convertire la natura in un grande villaggio vacanze. Le aree protette avrebbero valore non più in sé stesse, ma in funzione della loro fruibilità turistica, e così un evento che porta centinaia di migliaia di persone a calpestarne il suolo, non può che capitalizzarne il valore. Nella Nuova Era dell'Antropocene , nemmeno un santuario naturale può insomma starsene per i fatti suoi, ma deve adeguarsi e fare da palcoscenico a Jovanotti, o chi per lui voglia esternare la propria grande sensibilità ambientale.


E' stata davvero una strana estate quella del 2019, passata a seguire un fenomeno apparentemente nuovo ma vecchio come il cucco, che tappa dopo tappa ci ha rivelato qualcosa che andava ben oltre sé stesso, ben oltre la dimensione di un concerto rock che pure superava ogni dimensione finora conosciuta, per imporsi come un nuovo Verbo dalle sfumature quasi mistiche. Nell'attivismo dei sindaci che lo hanno difeso senza indugi, nella necessità del PD abruzzese di farne una bandiera democratica contro i presunti abusi della prefettura, nella competizione sul suolo balneare con un Salvini che toccava le vette del suo consenso, nella disperata necessità di trovare un bandolo per la matassa in una sinistra più che mai allo sbando, nel vuoto culturale della politica è balenato d'un tratto come il Jova Beach Party fosse un progetto politico compiuto. Non a caso Gramellini nel suo adorante articolo parla non di popolo bensì di Partito della Spiaggia, non a caso da più parti si sollevano voci, provocatorie o meno, che invocano Jovanotti come nuovo leader della sinistra, non a caso il Fatto Quotidiano in un articolo del 26 agosto lo inserisce ironicamente nella squadra dei sogni di Renzi. E quando quest'ultimo finalmente dà finalmente fuoco alle polveri, per fondare il suo partito, e sceglie proprio la canzone di Jovanotti “Sul lungomare del mondo” come commento sonoro della sua scelta, tutto è sembrato talmente palese, da risultare quasi comico. Peccato, per lo stesso Renzi, che il partito della spiaggia fosse già oltre, oltre il lungomare del mondo, proiettato verso l'occupazione totale del territorio e dell'immaginario collettivo.


"L’attivismo di Jovanotti – eminentemente politico nei suoi effetti, per gli interessi che rappresenta e per l’insistenza con cui viene presentato come filantropico e «apolitico» – agisce nel contesto di un’oramai ineludibile crisi climatica. Crisi che il capitalismo, primo responsabile della condizione attuale, cerca di mettere a valore, anche attraverso la «responsabilizzazione del consumatore», spingendo verso stili di consumo presentati come meno impattanti – ma non meno redditizi.


Jovanotti, in sintesi, è funzionale al modello sviluppista e ai tentativi di rigenerazione in chiave green e climate friendly di questo modello, mentre all’orizzonte si profila un’apocalisse ecologica che comporterà, dal punto di vista sociale, enormi sconvolgimenti e conflitti". (4)



1- Tweet tratto dall'articolo di Marco Gardini "Jovanotti campione dell'ambientalismo capitalista"
2 - Dall'articolo "Jovanotti pensa ancora positivo: “Credo nel progresso dell’umanesimo” - La Stampa - 16 dicembre 2019
Dal sito I fatti capitali
4 - Dall'articolo "Ecco a chi giova ilJova Beach Party. Nuovo greenwashing e «Grandi Eventi» nell’eradella crisi climatica" di Alpinismo Molotov - Wu Ming Foundation, 17 settembre 2019




jueves, 14 de mayo de 2020

LE DISGRAZIE NON VENGONO MAI SOLE








Infine venne il diluvio, e le mareggiate, come se non fosse bastata la lezione di Albenga, invasero
le spiagge del Jova Beach, quelle private delle loro naturali "difese immunitarie", con il livellamento di qualunque rilievo dunale, ad arginare la furia delle acque, con l'azzeramento della vegetazione. Ed eccotelo qua Campo di Mare, in una foto tratta dal sito Amici di Torre Flavia di cui riporto il post del 18 Novembre.

Ad uno sguardo frettoloso fa tristezza la condizione del lungomare di Marina di Cerveteri, ma in realtà la Natura con irruenza si sta riprendendo il maltolto. È un monito che l’amministrazione regnante dovrebbe ascoltare, opponendosi con fermezza a proposte folli come le stazioni di servizio da realizzare in siti così fragili ed importanti. E vero lì siamo in località Fontana Morella, poco distante, a ridosso delle prese di approvvigionamento idrico della Palude di Torre Flavia, ma è impossibile non pensare ad una correlazione tra la prevaricazioni fatta su via del lungomare dei Navigatori Etruschi e quanto si corre il rischio di autorizzare. Questa non è la nuova era, i nubifragi delle ultime ore rivendicano un mutamento di azione, un grido di allarme per un termine, un mondo martoriato che si ribella. Non sarebbe male scrivere al Sindaco di Cerveteri per proporre di richiedere l’ampliamento della zona protetta, una battaglia di civiltà e cultura, e di candidare la Riserva come patrimonio dell’umanità.”


“Questa è la situazione dell’area – scrivono in un post del giorno prima, 17 novembre, da cui è tratta la foto – dove dovrebbe sorgere il distributore di carburanti & C. La strada sterrata, quasi sommersa, è quella che la divide dalla nuova area della palude di Torre Flavia. Riusciamo ad immaginare dove andrà quell’acqua fra qualche giorno? Nella palude. Riusciamo anche ad immaginare, quando ci saranno anche depositi di carburante e scoli di acque reflue di eventuale autolavaggio o sosta camper, dove andrà quell’acqua reflua? Esatto, nella palude!” .
Lo so, vi starete stropicciando gli occhi increduli, ma purtroppo avete letto bene: un distributore di carburanti, oltre a un'area di sosta camper, proprio dietro la nuova area di espansione della Palude di Torre Flavia! Ma stiamo scherzando? No, pare proprio questo sia l'insolito destino di un'area dove è passato Jovanotti. Sarà un semplice caso? Più che lecito dubitarne.
Intanto, riavvolgiamo il nastro per cominciare questa storia dai giorni dell'annuncio dello scagurato Tour, tra le cui tappe scintillava il nome della spiaggia di Torre Flavia, nel comune di Ladispoli. Proprio al confine sud del Monumento Naturale Palude di Torre Flavia, una Oasi Protetta di soli 43 ettari, relitto delle paludi che anticamente si estendevano lungo tutto il litorale tirrenico a nord di Roma. Un luogo veramente speciale, direi una eccellenza nazionale per il modello di gestione e il livello di coinvolgimento che sono riusciti a creare attorno al Fratino, tanto che il Monumento Naturale si definisce la “Prima area protetta gestita dai bambini”, non è meraviglioso? Un laboratorio naturalistico e sociale, baluardo al degrado di un'area al margine della metropoli romana, che ha vissuto una stagione di impegno civico ammirevole attorno al Fratino, che vi ha nidificato per la prima volta nel 2016; all'ombra della Torre, un manufatto rinascimentale, in condizioni tali di conservazione che un megaconcerto, con i suoi decibel, la farebbe letteralmente crollare dagli applausi. 



Per questo, all'indomani dell'annuncio del Jova Beach Tour, lo sconcerto lascia ben presto il posto a una incazzatissima mobilitazione popolare, con la creazione del Comitato "No Party alla Palude" che, mettendo in luce rischi, carenze organizzative, e potenziali illeciti nell'organizzazione del concerto – qui il loro appello riportato dal sito d'informazione Il faro online- la spunta. Il comunicato di Trident – come riportato nel sito YouAnimal il 19 dicembre – tenta di far passare la rinuncia come un gesto magnanimo, per il bene dell'ambiente e del Fratino, e non già una resa determinata dalle troppe contraddizioni del progetto, per il quale erano già in vendita i biglietti, prima di acquisire le necessarie autorizzazioni. Le farneticanti dichiarazioni di Jovanotti all'indomani «Mi sono fidato perché era stata approvata da tutti come assolutamente idonea dagli stessi che poi si sono opposti. Gente un po’ leggera che segue logiche misteriose” lasciavano presagire quale sarebbe stato il suo stile comunicativo nel corso dell'intero svolgimento dei Beach Party, e quale il suo livello di effettiva conoscenza dello stato dei luoghi dato che definiva la spiaggia “ben lontana dall'area protetta e dall'area di nidificazione del fratino” quando il piccolo limicolo vi aveva nidificato solo l'anno prima, il 4 luglio del 2018. 
Come non avesse imparato nulla, come se dovesse a tutti costi fare il bambino dispettoso, una volta levate le tende dal margine sud della Riserva eccoti che le ripianta al confine nord, stavolta nel Comune di Cerveteri dimostrando che di effettivo assedio alla Palude si trattava! Il nuovo sito del concerto viene dunque identificato nella spiaggia di Campo di Mare, su dei terreni di proprietà della Società Ostilia. 
Come non bastasse il più grande Concerto dopo il Big Bang, ecco che l'Amministrazione comunale programma, nella stessa area, circa un mese prima, il “Cerenova Summer Village”, cinque serate all'insegna della Musica, del Divertimento e dello Street Food, per aspettare degnamente il grande evento, e allenarsi a calpestare intensivamente la sabbia di quel tratto di costa. Finchè il 26 giugno si passa dalle parole ai fatti, drammaticamente, e le ruspe fanno piazza pulita di ogni residuo di naturalità dell'area. Di fronte alle vibranti proteste di residenti e ambinetalisti, anche in merito ai costi dell'operazione, il sindaco sul  suo Sito web ha il coraggio di definire le dune appena sbancate come semplici “accumuli di sabbia”! Poi, in merito ai costi dell'operazione di sbancamento e livellamento di un'area di circa tre ettari, incautamente si vanta del fatto che Cerveteri sia l'unica data del Tour in cui l'organizzazione stessa avrebbe sborsato 50.000 €, non il Comune, apparentemente confermando quello che potrebbe essere definito come il “sistema Jovanotti” ovvero l'uso di soldi pubblici per la sistemazione di aree non attrezzate a concerti, come le spiagge. 
Poi passa il concerto tra caos, critiche, ingorghi stradali, sperimentazione 5G e geniali manifesti di reclutamento dello zio Sam-Jova (che fanno ridere e bestemmiare mezza Italia), ma quell'area - fino allora utilizzata come parcheggio e accesso alla spiaggia - rimane misteriosamente  transennata, formalmente interdetta al pubblico. Ne veniamo a capo il 12 settembre, circa due mesi dopo il concerto - svoltosi il 16 luglio - quando apprendiamo da un articolo di Baraonda News  che Assobalneari e Comune di Cerveteri avrebbero presentato alla società Ostilia una lettera, nella quale si chiede la concessione di quell’area per la realizzazione di impianti sportivi, almeno due di Beach Volley, e uno di Rugby sulla sabbia. Ovvero, una volta dopo averla “bonificata” da tante "erbacce inutili", dopo averla piallata con cura, perchè non utilizzarla per farci delle attività sportive, addirittura con degli impianti, giusto in riva al mare? Mica si può lasciare che la vegetazione spontanea prenda di nuovo il sopravvento? Ecco che il Jova Beach viene dunque a perdere il suo ruolo di spettacolo principale per assumere, mi si passi il termine, quello di “concerto di apertura” a nuove e più durature azioni di sfruttamento intensivo dell'area.
Qualcosa di buono nel frattempo avviene, a dire il vero, di cui all'Amministrazione bisogna dare merito: a fine ottobre inizia l'allagamento di un terreno di 5 ettari, adiacente alla Palude, che andrà ad aumentarne la superficie dell'Oasi protetta, fino a 20 ettari.  Ma non c'è tempo per gioirne poiché, in un crescendo più che mai schizofrenico, pochi giorni dopo si diffonde la notizia del progetto per la realizzazione una stazione di servizio carburanti,  con annesso auto lavaggio,  e un campeggio in località via Fontana Morella, adiacente alle aree allagate della ZPS 'Palude di Torre Flavia'. A che sarebbe servito dunque allargarle? Nell'incredulità generale, mentre il Comune se ne lava le mani - e pare anzi considerare la pompa di benzina un'occasione di sviluppo - come denunciato da OrticaWeb, gli ambientalisti, il Comitato No Party e la LIPU, sono chiamati a una nuova mobilitazione per impedirne la realizzazione, attraverso una petizione pubblica su Change.org. "Simili attività -vi si legge- provocherebbero un impatto pesantissimo ed irreversibile alla risorsa idrica (inquinamento delle falde, impermeabilizzazione dei suoli) e alle componenti ambientali (inquinamento acustico, luminoso) del Monumento Naturale Palude di Torre Flavia, una zona umida di grande importanza per la tutela dell'avifauna migratoria e per la conservazione di un ultimo lembo dell'antica maremma laziale".
Poi arrivano le mareggiate di novembre, che evidenziano tutta la fragilità del sistema costiero, e restituiscono una tinta ancora più surreale alle vicende dei mesi precedenti. A dicembre si apre addirittura una falla nel cordone dunale di Torre Flavia. L'allarme è grande -l'ingresso delle acque marine comprometterebbe le caratteristiche biologiche dell'ecosistema- e ancora una volta, la mobilitazione è tempestiva. Tutto si risolve il 2 febbraio con l'intervento provvidenziale di una ruspa a tamponare, almeno provvisoriamente, la falla, come riportato da Corrado Battisti, Responsabile della Palude, in un servizio di Centro Mare Radio. Una ruspa mandata forse da Jovanotti?! Ovviamente no, figuriamoci, qui si trattava di agire per la mera conservazione di un sito naturalistico, niente di rivoluzionario insomma!
Così, come in estate la riserva si era trovata a lottare dalle aggressioni del Beach Party a nord e sud, in autunno si trova impegnata sul doppio fronte ovest-est stretta tra la violenza del mare e quella del greggio. Francesco Maria Mantero, Direttore della Riserva Naturale Regionale di Macchiatonda, in un suo post fb del 29 dicembre, sintetizza con acutezza  i rischi di questo assedio stringente: "Le zone umide costiere sono tra gli ecosistemi più soggetti a mutazioni, anche drammatiche. La Palude di Torre Flavia, così come Macchiatonda, Le Saline di Tarquinia e altre, probabilmente non resisterà a lungo all'avanzata del mare. E se verrà urbanizzata, a partire dal distributore di carburante, l'area a monte, non avrà possibilità di "trasmigrare" più all'interno."
Chiarissimo. E in mezzo a tutto questo il sindaco Pascucci cosa fa? Raddrizza il tiro? Agisce? Tutela il bene pubblico? No, lui sogna, sogna ancora il Jova Beach, a giudicare da un suo post fb del 3 ottobre 2019: "Ma ve le ricordate le emozioni del Jova Beach Party a Marina di Cerveteri? Personalmente quel giorno lo porterò sempre con me. La sveglia all'alba, prima del solito, gli ultimi sopralluoghi prima del concerto, l'apertura dei cancelli, l'arrivo del pubblico, una marea umana di persone, la musica, la sabbia nelle scarpe, il sole cocente, l'allegria, la musica. L'inizio di una Nuova Era.
Lasciamolo sognare.



p.s. qualora servisse ancora una prova del nove, una conferma definitiva a tutta l'analisi di questo lungo post, ebbene... bastava semplicemente aspettarla, perché le disgrazie non vengono mai sole. Sedersi sulla riva del fiume e aspettare il cadavere del tuo nemico? No, sedersi invece sulla riva del mare e aspettare il cadavere dell'ecosistema costiero. Aspettare fino a questo giugno 2020, nel quale la stagione balneare riparte nel segno del distanziamento anti-Covid, che paradossalmente sembra produrre gli stessi effetti delle ammucchiate sotto il palco di Jova. Con le spiagge libere, seminaturali, affidate alla gestione dei privati, un poco ovunque in Italia. E non poteva fare eccezione Campo di Mare, nella Cerveteri guidata dal sindaco-fan Pascucci. Ebbene, la notizia è grossa, ed è riportata, ancora una volta dalla ottima Ortica Web nell'articolo intitolato: Privatizzato il contingentamento degli ingressi alla spiaggia libera di Campo di Mare  Nell'articolo si denuncia giustamente anche la modalità dell'affidamento,  diretto e senza nessun bando. E chi è il delegato alla sicurezza? Ma Alessandro Esposito ovviamente, quello che si è occupato della gestione relativa al Jova Beach Party, come potete leggere qui. Se poi aggiungiamo al desolante quadro la notizia dello stesso Campo di Mare trasformato in campeggio abusivo per Camper, senza pozzi per i liquami, nella totale assenza di controllo da parte dell'Amministrazione, capiamo che tutto questo fa parte di una strategia complessiva, finalizzata a espropriare la natura dai suoi luoghi, e in particolare da quel luogo. Due più due fa quattro, vero? Davvero per Cerveteri, come il sindaco Pascucci ha dichiarato, il Jova Beach Party è stato l'Inizio di una Nuova Era. 






sábado, 9 de mayo de 2020

I CONTI TORNANO





"Una vera e propria ecatombe in una delle zone più preziose del patrimonio ambientale italiano, protetta dalle norme europee ed italiane e dalla convenzione di Ramsar. A Valle Mandriole, solo venerdì 4 ottobre, sono stati recuperati 1075 uccelli morti (di cui 35 trampolieri) e 185 ancora vivi. Circa 300 quelli recuperati nei giorni precedenti, di cui una sessantina i superstiti. Di questi 60, 7 quelli sopravvissuti alla strage. Si calcola che i morti complessivi possano essere almeno il triplo, ovveero svariate migliaia, senza contare quelli che avranno contratto l’intossicazione per poi andare a morire altrove, come già segnalato per alcuni siti"

Questo è quanto si legge in una denuncia di Italia Nostra del Ravennate ripresa dai media locali, tra cui Ravenna Today, il 5 ottobre 2019.

"Bassissima la probabilità di sopravvivenza. Scene agghiaccianti, quelle a cui abbiamo assistito venerdì, con anatidi e limicoli in condizioni gravissime, e decine di sacchi pieni di cadaveri, raccolti dai volontari delle associazioni venatorie. Si parla di volatili in avanzato stato di decomposizione o invasi dalle larve delle mosche. E oggi, sabato, via con una bella immissione massiccia di acqua per coprire il misfatto! Dato che i primi decessi sono stati segnalati settembre e alla riapertura della caccia non è più stato possibile ignorare la situazione, perché non si è provveduto prima ad immettere acqua fresca nella Valle ormai marcescente?"
L'allarme era stato dato il 2 ottobre, a seguito di un sopralluogo del socio ASOER (Associazione Ornitologi dell'Emilia-Romagna) responsabile dei censimenti dell'avifauna acquatica in Valle Mandriole e Punte Alberete e del guardiano della Pineta comunale. Sulla terribile vicenda la stessa ASOER ha diramato il 17 ottobre un comunicato stampa (dal quale è tratta la foto in alto) con una puntuale ricostruzione della tempistica degli avvenimenti dalla quale emergono precise responsabilità e gravi omissioni, persino nelle azioni immediate da intraprendere per limitare i danni, come la chiusura delle attività di caccia.
Da ulteriore comunicato di Italia Nostra, riportato da Ravenna Notizie il 7 ottobre, la stima degli uccelli morti per botulismo, si aggira sui quattromila esemplari, principalmente anatidi e trampolieri. Cosa aggiungere? Semplicemente sconvolgente. A fronte di un tale disastro, è legittimo chiedersi come sia possibile tanta irresponsabilità da parte di chi è chiamato a tutelare un patrimonio naturalistico di straordinaria importanza, la più vasta area umida italiana. Allora approfondisci, e scopri che il Presidente del Parco del Delta del Po, recentemente promosso addirittura al Consiglio Direttivo di Federparchi per gli alti meriti, è anche il sindaco di Comacchio, proprio lui, Marco Fabbri, quello che ha permesso lo svolgimento del Jova Beach Party a Lido degli Estensi, facendosi scudo di una Vinca viziata da un evidente conflitto di interessi, per realizzare un concerto che ha distrutto gli habitat delle dune embrionali, provocando il probabile smarrimento dei fenicotteri che provenivano dal suo stesso parco; quello che ha tacciato di ignoranza gli ambientalisti, secondo lui intenti a "umanizzare il fratino" non semplicemente a difenderlo; quello che, mentre avveniva tale disastro nel suo Parco, sul profilo fb appariva abbracciato a Jovanotti, come manifesto del suo impegno politico, a tutela dell'ambiente.

Allora ti spieghi tutto, i conti tornano. Due più due fa quattro, anzi no, quattromila uccelli morti.




p.s. Per completare lo sconfortante quadro, e colmare la misura dell'indignazione, ecco le incredibili dichiarazioni della dott.ssa Maria Pia Pagliarusco, Direttrice del Parco del Delta del Po, riportate da Ravenna Notizie in data 18 novembre 2019, riguardo quello che si configura forse come il più grave caso di avvelenamento da botulismo avvenuto in Italia: “Quello che vorrei rilevare… è che tutti gli anni muoiono a seguito di esercizio di attività venatoria probabilmente il triplo – mi si dice – di quanto dichiarato. Oserei dire che non possiamo comunque parlare di un disastro: semplicemente questi uccelli non sarebbero morti in questo modo, sarebbero stati ammazzati altrove. Una conclusione sicuramente un po’ azzardata, ma i dati lo confermano”.

Avete capito? Tanto sarebbero morti comunque, perché dunque rammaricarsi?

p.p.s dall'articolo di Legambiente Emilia-Romagna del 20 maggio intitolato "Ampliamento caccia a specie minacciate, sconcertanti le richieste dell'ex Presidente del Parco del Delta del Po": "La tutela della natura da parte del Parco del Delta del Po è stata spesso discutibile negli ultimi anni, ma mai ci si sarebbe aspettati che un ex-presidente di parco passasse a sostenere, in una sede istituzionale, l’opportunità di continuare a cacciare specie dichiarate a rischio dalla UE, come la Pavoncella e il Moriglione".

E chi sarebbe questo ex Presidente del Parco, a vostro avviso?


sábado, 2 de mayo de 2020

JOVID-19



Manca un solo giorno alla fine del “lockdown” integrale, e tutti fremiamo nelle nostre case, attendendo il suono liberatorio della campanella. Ci avviciniamo all'estate 2020, non sapendo ancora in che condizioni la vivremo: se potremo tornare alla “normalità”, o se avremo finalmente scoperto che la normalità era il vero problema, se riporremo ancora la nostra fiducia in un film di plastica piuttosto che nel buon senso; se dovremo vivere ancora a lungo con le burka-mascherine, sotto la minaccia dei lanciafiamme di De Luca, senza lasciare più impronte digitali, ma guanti monouso. 

In una situazione così paradossale, nella quale per molti il mare resterà ancora a lungo un miraggio, cosa c'è di meglio che ricordare i bei tempi felici dell'estate 2019, quando lottavamo contro una serie di megaconcerti lungo le spiagge italiane? In tempi di virus particolarmente diffusivi, Jovid-19 non poteva fare a meno di ricominciare a imperversare, ovviamente, prima con il suo “Jova House Party”, a rendere ancora più alienante il periodo della quarantena, e poi con il suo docutrip “Non voglio cambiare pianeta”, nel quale dimostra quanto sia ecologico spostarsi per 4.000 Km in bici, dopo averne percorsi 13.000 su un aereo, e altrettanti a ritorno. 
Devo ammettere che io non ho visto neanche un minuto di questa docutrippa -solo qualche immagine di presentazione- perché, dopo essere stato costretto a vedere il suo orrendo “film”, tutta l'estate scorsa, stavolta non ne voglio proprio sapere, potrei vomitare. Ma posso senz'altro dire che uno che va in cerca di solitudine con la sua bicicletta, filmando tutto quello che fa e dice, persino i suoi piedi sul letto, forse va solo in cerca di masturbazioni, di uno sfogo al suo egocentrismo sconfinato. “Non voglio cambiare pianeta” dice lui, “Peccato!” rispondiamo noi. E se questa epidemia ci ha dimostrato, per tanti versi, che il vero virus è l'uomo, ne abbiamo una ulteriore patologica conferma. 
L'uomo plagiato e plasmato dal capitalismo, il quale parla attraverso i suoi campioni mediatici, che non a caso in questi giorni si affannano, in un estenuante presenzialismo, a riconfigurare le proprie strategie, per non perdere “grip” tra gli adepti, e portare comunque a termine la missione a loro assegnata.

Con questo post voglio riprendere un filo lasciato in sospeso a dicembre 2019, a causa di altri impegni. Con l'obiettivo di concludere e pubblicare finalmente “A CHI JOVA BEACH PARTY - cronache di ordinario delirio dalle spiagge italiane”, un libretto digitale in PDF che sarà liberamente scaricabile, e che oltre ai miei interventi conterrà molti altri contributi. Questo non per un'ossessione personale verso il “personaggio Jovanotti”, che sarei ben felice di lasciarmi alle spalle il prima possibile, ma piuttosto per rendere omaggio a tutto quel fronte di attivisti che, loro malgrado, hanno dovuto passare l'estate scorsa in trincea, quei "soliti irriducibili, poveri illusi, che rischiano la vita per difendere un nido di tartaruga marina, mentre gli altri se la ridono sotto il palco millantando un fantomatico ripristino dei luoghi", come ha scritto Salvatore Urso in un suo tweet. Per non perdere l'occasione di raccontare quei miracoli della natura che, nonostante Jovanotti, nonostante tutto, continuano a rinnovarsi sulle nostre spiagge, con la deposizione di un uovo di Fratino, o di Corriere Piccolo. Per raccontare dal nostro punto di vista un evento che ha marcato in maniera indelebile la storia dell'ambientalismo, e del costume – o piuttosto malcostume- italiano. Cosa è stato il Jova Beach Tour se non la rappresentazione straordinaria di un ordinario delirio da spiaggia, l'apice spettacolare della deroga permanente a qualunque principio di tutela degli habitat naturalistici? Uno tsunami, di ipocrisia e opportunismo, che ha distrutto qualunque cosa sul suo passaggio, con l’illusione di lasciare le spiagge pulite. Anzi più pulite di prima. 
 
Pensavo di pubblicare gli ultimissimi post, rimasti incompleti, già da inizio marzo, ma l'emergenza che ci ha travolti tutti, con il suo carico di tragedia, mi ha fatto rimandare di settimana in settimana. Ora che un filo di ottimismo per il futuro riaffiora nelle nostre vite e l'estate è vicina, ed è meglio affrontarla senza dimenticare il passato, ho deciso di pubblicare da oggi un post ogni settimana, per un mese, finché vi svelerò la copertina del “libro” e lo renderò scaricabile. 
 
Nel frattempo avremo sicuramente più chiaro cosa ci aspetta nel prossimo futuro. Perché siamo tutti curiosi, no? Cosa ci racconteranno quest'estate per farci sembrare la nostra condizione più normale? Organizzeranno dei giganteschi drive in nelle piazze italiane per farci vedere, come surrogato dell'estasi balneare, il Jova Beach Party su dei maxischermi? Le marche di candeggina e amuchina sponsorizzeranno i prossimi tour? Ci diranno che i separé in plexiglas non ci rendono distanti, se potremo riciclarli per farne dei dischi, coi quali cantare tutti insieme, da casa, le canzoni di Jovid-19? Invaderanno ancora le spiagge libere seminaturali con la scusa del distanziamento? Oppure ci diranno ancora che tutta quella plastica monouso per difenderci dal virus, che si accumula nei mari, e sulle spiagge, e i guanti, le mascherine, non sono poi così dannosi se si può farne delle magliette sintetiche da regalare a delle polisportive giovanili? E proprio da questa mistificazione -che illustra perfettamente il significato ultimo del greenwashing- dove avevo interrotto i post dell'anno scorso il 2 dicembre, riparto per riallacciare un filo. Cliccando qui, sul mio ultimo post intitolato "UN CALCIO ALL'AMBIENTE".








In copertina una foto del Jova Beach Party, tratta da Repubblica.it, interpolata con il modello 3D del Coronavirus tratto da Turbosquid