miércoles, 18 de septiembre de 2019

UOVA BEACH PARTY 2



Vi chiederete cos'è quella buca che vedete nella sabbia. No, per una volta non sono le tracce lasciate sulla spiaggia dal Jova Beach Party, nell’ultima tappa di Montesilvano. Personalmente ho deciso di non andarci, anche se era l'ultima spiaggia, per non perdere l'occasione di raccontare qualcosa di ben più importante: un altro Uova Beach Party sulle spiagge italiane. Così, piuttosto che recarmi all'alba nella città abruzzese per fotografare l’immondizia e lo sfacelo lasciato dal concerto, alla stessa ora ho preso un treno da Roma verso sud, un treno che è arrivato fino all’estremo sud dell’Italia, e mi ha portato in una stazione abbandonata, sotto il faro di Capo Spartivento, a cavallo tra il Mar Ionio e il Mare di Sicilia, lungo l'unica costa delle tartarughe presente in Italia, nel quartier generale di Caretta Calabria Conservation. Voi non avreste fatto lo stesso? La maniera migliore per dire No al Jova Beach Party non consiste forse nel dire Sì alla natura?

Durante il viaggio, il passaggio rapido da Praia a Mare, mi ha offerto per pochi secondi dal finestrino la visione mozzafiato dell’Isola di Dino con la sua spiaggia, la cui sagoma si staglia in maniera ben più maestosa di quanto si possa dedurre dalle foto, che tutti abbiamo condiviso a inizio agosto. Una visione che sconvolge, sia per l'abbagliante bellezza del luogo, sia per l’incredulità che un simile santuario della natura possa essere stato profanato da un concerto di 40.000 persone. 

Ma sorvoliamo, avrete capito che quella buchetta nella foto è un nido, dal quale sono uscite nottetempo decine di tartarughine. Un nido scoperto grazie a un quotidiano ed estenuante lavoro di perlustrazione, lungo decine di km di spiaggia, e messo in sicurezza dalla predazione delle volpi grazie a una griglia metallica sotterrata nella sabbia. Grazie alla straordinaria testimonianza di dedizione e attivismo di una di quelle siglette ambientaliste relegate da Jovanotti nelle fogne di Nuova Delhi, che l'anno scorso ha assicurato al mare 2120 piccoli, facendo pura opera di volontariato. Talvolta i nidi devono essere addirittura traslocati per assicurarne la felice schiusa, quando sono troppo vicini alla riva, o recintati quando si trovano in spiagge di richiamo turistico. E la sorveglianza va intensificata nelle notti di possibile schiusa, quando una fonte luminosa inattesa, come un falò, può mettere a rischio la vita dei nuovi nati. Grazie a Salvatore, ho avuto la fortuna di vivere l'attesa della schiusa al chiaro di luna, con il riflesso del satellite che si illumina come la pista di un aeroporto ad indicare la strada ai neonati. Caretta Calabria Conservation è l'unica associazione in Italia che fa ricerca attiva dei nidi, rendendo accessibile a persone interessate, come me, una manifestazione della natura che altrimenti apparterrebbe al regno del mistero, e della pura magia. Dato che nottetempo le uova vengono deposte, da una tartaruga che tocca terra dopo aver nuotato ininterrottamente per due anni, nel mare antistante le coste africane. Qualcosa che mi richiama poeticamente l'analogia con i rondoni, ai quali ho dedicato il mio ultimo fumetto Dove i rondonivanno a dormire, i quali possono volare ininterrottamente due, o tre anni, prima di poggiarsi, per la deposizione e la cova delle uova, sotto i tetti delle nostre case. 

Se non vi sono degli attivisti che battono le spiagge giorno dopo giorno, bisogna contare sulla sorte, sul fortuito passaggio di qualcuno in grado di leggere la traccia lasciata dalla madre sulla sabbia, e prima che il vento la faccia scomparire. Altrimenti non si vede assolutamente nulla, il mistero viene conservato dalla sabbia, silente, per 45-50 giorni, finché all'improvviso vi emerge la vita, e quanta! Un nido può contare fino a 150 uova.

Le cronache estive sono costellate di emozionanti e improvvisi “incontri ravvicinati del terzo tipo”, ultimo il caso di Meta di Sorrento dove un gruppo di ragazzi ha visto vagare decine di tartarughe sbucate inaspettatamente dalla sabbia, dopo circa 20 anni che non si registrava un nido nella costiera sorrentina. Ancora più significativo il caso di Marina di Gioiosa Ionica, dove il 3 settembre proprio gli attivisti di Caretta Calabria Conservation sono intervenuti d'urgenza, fuori del loro territorio, su segnalazione di un passante che aveva rinvenuto un gruppo di 47 tartarughine, ferme sotto un lampione. Attratte dalla luce. Questa volta non della luna. E Gioiosa è guarda caso il comune limitrofo di Roccella Jonica, al cui confine le tartarughe sono state ritrovate. In un mio precedente post, avevo segnalato la presenza di due nidi nelle immediate vicinanze di Roccella, a Riace e Grotteria, probabilmente deposti, a detta di Caretta Calabria Conservation, da una sola femmina che aveva scelto quel tratto di costa per nidificare, e probabilmente aveva deposto altre uova. Difatti, le tartarughe sotto il lampione hanno denunciato la presenza di un terzo nido, che non è stato possibile ritrovare. Ma potrebbe essercene stato un quarto. E forse proprio nell'area sbancata e livellata per il Jova Beach Party. Perchè no? Come si fa a negarlo, senza tradire una evidente malafede - come difatti è stato negato da amministratori, organizzatori, wwf – quando non si è assicurata una ricerca attiva, quotidiana, dei nidi? I quali possono sopportare il normale passaggio delle persone, ma non le sollecitazioni di una tribù che balla, o quella di 40 tir e decine di ruspe per l'allestimento di un mega-evento sulle spiagge.




Questi sono i limiti che ci impone la natura, se ne vogliamo davvero rispettare gli abitanti. E i limiti che ci impone la natura sono senza limiti - nel caso della Caretta Caretta, e non solo - a voler essere onesti fino in fondo. Posto che continuamente vengono rinvenuti nidi in siti assolutamente inattesi, come avvenuto quest'anno a Pesaro, bisognerebbe riconoscere che non vi sono limiti territoriali che ci possano porre al riparo dal farne inavvertitamente una frittata, e quindi su tutte le spiagge italiane dovrebbe essere vietato il passaggio di mezzi pesanti, dichiarandole aree predisposte per accogliere il miracolo della vita. Se questo appare di difficile realizzazione, sarebbe una misura di minima attenzione farlo almeno nei luoghi dove la tartaruga ha nidificato negli ultimi anni. Non a caso il CNCF, Comitato Nazionale di Conservazione del Fratino, ha chiesto a Jovanotti&Trident, ovviamente inascoltato, di non fare i concerti nei luoghi dove fosse stato registrato un nido di fratino negli ultimi 5 anni. A Policoro, altro sito del Jova Beach Party, è stato registrato un nido di Caretta solo nel 2018!

Chi ama l'umanità di un amore astratto quasi sempre ama soltanto se stesso” afferma Dostoevskij ne L'Idiota. Ebbene, questa frase rivelatrice potrebbe essere tranquillamente declinata in chiave naturalistica. E il Jova Beach Party ne è stato la riprova. Chi ama la natura di un amore astratto quasi sempre ama soltanto se stesso, e il suo prestigio mediatico. Facile lanciare campagne globali contro la plastica, e riempirsi la bocca di slogan generalisti di tutela ambientale. Rassicurante mobilitarsi nei confronti dei pesci che non vedi, o degli orango minacciati nel lontano Borneo, facile sentirsi emotivamente coinvolti dalle immagini della foresta amazzonica che brucia, e mandare una donazione al wwf, per poi non battere ciglio alla prima ruspa che pialla e sterilizza la spiaggia davanti casa, ripulendola dalle cosiddette “erbacce”, facile dichiararsi sgomenti dall'estinzione di massa degli insetti, e poi non resistere alla tentazione di disinfestare il proprio terreno, per garantirsi un facile raccolto, o il salvacondotto da qualche puntura. 

Sempre un altro discorso quando la natura è quella con la quale devi convivere, quella che si frappone fra te e la realizzazione lucrativa di una palazzina, o di un parcheggio, quella che non corrisponde alle tue esigenze di ordine e pulizia, quella che si manifesta nel balestruccio che nidifica sotto il tuo cornicione e ti lascia i suoi escrementi sul viale, nel capriolo, o nel più piccolo istrice, che potrebbe attraversare la strada e ti invita quindi a moderare la velocità,  nell'aquila reale che, per le sue legittime esigenze di nidificazione, contrasta la tua pretesa di arrampicarti su qualunque parete rocciosa, o di svolazzarci attorno col tuo parapendio, nel fratino che non ti permette di arare ed occupare la spiaggia a tuo piacimento con villaggi vacanze effimeri, in tutte quelle forme di vita insomma, che si frappongono fra te e la realizzazione di ogni figata pazzesca che ti venga in mente, per il tuo semplice diporto o la tua ansia di realizzazione personale, che ti impediscono quindi di requisire un sito naturale e farne quel che vuoi, sollevando su tutto il volume della tua voce, in una manifestazione sconfortante di povertà creativa. 

A poco serve esporre un simulacro pop della Venere di Willendorf, richiamandosi al culto della Madre Terra, per ostentare crediti di rispetto verso la natura, poiché la vera creatività lascia prima di tutto spazio all'ascolto, lascia spazio e respiro alle espressioni naturali dei luoghi con i quali si rapporta, ci dialoga, nel rispetto e nell'umiltà, non li occupa fino all'ultimo centimetro, in una smania crescente di lottizzazione dell'immaginario. Lasciando ovunque immondizia, che altri hanno puntualmente trovato al mio posto, come potete verificare qui. O anche qui. E li ringrazio. Io per questa volta sulla spiaggia ho preferito trovare le uova,  e non le lattine di Jova.

E sono sicuro che chiunque vivesse una esperienza come la mia cambierebbe il suo atteggiamento nei confronti delle spiagge, e dell'uso improprio che se ne fa.




martes, 17 de septiembre de 2019

THE ANSWER IS BLOWING IN THE WIND



The answer is blowing in the wind. La risposta alla stupidità umana soffia nel vento, ed è il caso di Montesilvano, dove abbiamo assistito ad uno degli inevitabili effetti collaterali del Jova Beach Party. Un'altra delle vendette della natura nei confronti di chi ne ignora o ne vuole ignorare, per una falsa idea di convenienza, i meccanismi di funzionamento degli ecosistemi. Cosa è successo? Apprendiamo dal Messaggero, in questo articolo, che un forte vento di Grecale ha generato una tempesta di sabbia, che è andata a invadere il marciapiede, la pista ciclabile adiacente e la carreggiata di viale Aldo Moro, con evidente rischio per gli automobilisti. Bene, ben vi sta, verrebbe di dire.

Si tratta di un tema che ho affrontato nel mio fumetto Fratini d'Italia, lamentando l'ottusità di tanti amministratori, troppi balneatori, che ad ogni inizio stagione smaniano per arare o far arare il tratto di spiaggia che hanno in concessione, incapaci di comprendere che quelle piante giocano dalla loro parte: trattenendo la sabbia con il loro apparato radicale, contrastano l'erosione costiera e gli garantiscono di piantare gli ombrelloni per fare il loro utile. Contemporaneamente impediscono che la sabbia sollevata dal vento vada ad accumularsi tra cabine e spazi pedonali, creando ovvi disagi. O quantomeno limitano significativamente l'azione del vento. Proprio quella che obbliga gli operatori balneari a ripulire le passerelle di accesso alla propria concessione, puntualmente ostruite da cumuli di sabbia dopo un vento di libeccio. 


 

Per capire quale forza di resistenza al movimento di quintali, tonnellate di sabbia possa opporre un semplice e umile strato erboso, consiglio a tutti gli amministratori da spiaggia italiani una visita alla riserva di Deliblatska Peščara, la più vasta area sabbiosa d'Europa, che copre un territorio di circa 300 kmq, situato nella provincia di Voivodina in Serbia, anticamente parte di un vasto deserto preistorico, originato dal prosciugamento del Mare di Pannonia. Un sito straordinario conosciuto anche come il Sahara Europeo, dove le dune sono alte come colline, di cui allego un paio di foto. Si tratta di un'arma di distruzione di massa nel centro dell'Europa, tenuta a bada, silente, inoffensiva, grazie al prato stepposo, che ne trattiene la sabbia. Se qualcuno decidesse di arare quel prato per piantarvi degli ombrelloni provocherebbe una catastrofe, e tempeste con tonnellate di sabbia sommergerebbero le città europee circostanti. Si tratta solo di un esempio macroscopico di quanto in piccolo succede giorno dopo giorno sui nostri lungomari, dove la vegetazione psammofila riesce ad accumulare la sabbia in una successione di dune embrionali, mobili e fisse, creando una barriera ai venti carichi di salsedine e all'azione abrasiva della sabbia, ma anche alle mareggiate. Una barriera protettiva non solo per i boschi retrodunali, ma anche per gli insediamenti umani. Che permette di contenere la sabbia all'interno dell'ecosistema stesso, senza che vada dispersa nelle strade, impoverendo ulteriormente gli arenili, già sottoposti all'azione erosiva del mare. Se si fosse riflettuto adeguatamente su tutto questo, avremmo evitato di mettere stupidamente in tutta Italia i lungomari al posto delle dune mobili, come avvenuto quasi ovunque, e le prime case al posto della macchia retrodunale di ginepro e lentisco.

Tuttavia, in qualche caso, si è avuta perlomeno l'accortezza di dotare i lungomari di una fascia di siepi, come surrogato della funzione protettiva della estinta macchia mediterranea. Una protezione inefficace, ma pur sempre un lampo di buonsenso nel mezzo di un processo distruttivo. Poi, in un comune come Montesilvano, arriva Jovanotti e, con la scusa di dover ripulire dalla sporcizia queste siepi, ultimo ricordo della funzione naturale della macchia mediterranea, le sradicano semplicemente, insieme a un paio di tamerici, per facilitare il flusso di decine di migliaia di persone. Alla prima azione del vento mezza spiaggia si ritrova sull'asfalto. Insieme ai suoi rifiuti. E nel vento suona ancora il ritornello della nostra stupidità.





sábado, 7 de septiembre de 2019

AL MINISTRO COSTA, DALLE FOGNE DI NUOVA DELHI



Gentile ministro Costa,

apprendiamo da questo post facebook, dal quale è tratta la sua foto, che lei è partito per l'India dove a Nuova Delhi interverrà alla Conferenza delle parti per la lotta alla desertificazione. Lei scrive: “È uno dei drammi del nostro Pianeta. In Italia il 20% del Paese è a rischio desertificazione e oltre il 4% è già sterile”. 
Proprio lei che ha affermato essere il WWF una garanzia sufficiente per lo svolgimento del Jova Beach Party, ma poi non ha proferito parola quando le sono stati resi noti gli effettivi danni ambientali che questo evento stava producendo, non pensa che, per cominciare a lottare contro la desertificazione, potremmo cominciare dal rispetto di quelle piante, cosiddette pioniere, da quella vegetazione psammofila che adorna le nostre spiagge, ma che per la stagione balneare, e adesso anche per fare dei megaconcerti, viene arata e livellata, fino a rendere la sabbia sterile, esattamente come nel deserto? 

Lei che, questa estate, è direttamente intervenuto per denunciare un ragazzo, reo di aver buttato una bottiglia di plastica in mare, sbeffeggiando la campagna Plastic free in un suo video, e nulla ha detto sullo svolgimento anomalo di un tour sulle spiagge, che, nonostante i buoni proclami, non ha fatto che contribuire alla dispersione di plastiche in mare. Perché il vento puo' trasportare via tutto, quando i concerti non si fanno in luoghi adeguati come gli stadi, o perché a mezzanotte i Beach Angels hanno già mangiato i loro due panini e se ne vanno, con il loro gadget, lasciando per terra quello che non sono stati in grado di raccogliere durante la loro giornata di lavoro non retribuito. Un tour che ha sbeffeggiato molto più di quel ragazzo, che lei tanto ha condannato, il concetto di plastic free. Si guardi questo video di Policoro, e magari ne riparliamo.

Lei che ha voluto premiare un mese fa Donatella Bianchi, già Presidente WWF, con la Presidenza del Parco Nazionale delle Cinque Terre, nonostante abbia gravemente leso la credibilità della sua associazione con la collaborazione al Jova Beach Party, creando una spaccatura senza precedenti nel mondo ambientalista italiano, definito dal suo testimonial Jovanotti più inquinato delle fogne di Nuova Delhi, in un delirante sfogo, dal quale la Bianchi ha avuto la faccia tosta di non prendere nemmeno le distanze, leggere per credere, perdendo anche quest’ultima occasione per fare autocritica. 

Lei scrive ancora “sono convinto che in questi giorni porterò la nostra bandiera con onore, combattendo sempre per la tutela dell’ambiente e del nostro Pianeta”. Bene, sappia che stiamo combattendo anche noi, e per questo ci troviamo nelle fogne di Nuova Delhi. E lo riteniamo un onore, se il nuovo paradigma di ambientalismo in Italia ci deve essere fornito da Jovanotti. Ne approfitti per venirci a visitare, abbiamo pile di esposti per reati ambientali e omissioni documentali da farle leggere con attenzione, la attendiamo.


L'ULTIMA SPIAGGIA







OGGI 7 SETTEMBRE, MONTESILVANO. Ultima tappa balneare del Jova Beach Party, che abbandonando le spiagge ci regala un sospiro di sollievo, solo momentaneo, consapevoli del fatto che potremo ritrovarcelo di nuovo in giro per una edizione 2020. La tappa di Montesilvano doveva essere “tranquilla” tanto che Nuovo Saline Onlus, organismo di monitoraggio ambientale, aveva certificato che il Jova beach Party non può fare danni, “visto che lì non e rimasto nulla da distruggere”. 

Eppure anche lì hanno trovato modo di distruggere qualcosa, come attesta questo articolo di Greenme: le siepi del lungomare ad esempio, con la solita scusa del degrado e della pulizia, sono state sradicate; hanno dovuto cambiare il profilo della spiaggia, ripascendola non una, ma due volte, a causa delle mareggiate, operazioni condotte presumibilmente senza autorizzazioni V.I.A. e paesaggistiche, e sicuramente impegnando ancora denaro pubblico per un evento privato. Ancora abbiamo visto foto di bottiglie di plastica, per un tour plastic free, abbandonate sul lido, al sole, senza nessuna considerazione per la salute degli spettatori. A dimostrazione del fatto che imporre una manifestazione di tali dimensioni su una spiaggia, è come tentare di infilare uno stereo nella scatola di una radio portatile. Impossibile farlo senza produrre danni ambientali di ogni genere, ed evidenti disagi alla popolazione. Comunque sia, siamo quasi all’ultima battuta di un evento che ho scelto di raccontare attraverso questo blog, e l'omonima pagina fb, lanciando anche un crowdfundingsulla piattaforma Produzioni dal Basso, che si concluderà tra due settimane, il 21 settembre, giorno del concerto conclusivo di Linate, e che rilancio oggi, ringraziando chiunque vorrà aderire per sostenere questo sforzo di resistenza e controinformazione, che in questa estate 2020 non mi ha concesso, non ci ha concesso, un attimo di respiro. 

Stare dietro al Jova Beach e alle sue nefandezze, ha comportato una permanenza sul fronte di battaglia, giorno dopo giorno, ora dopo ora, seguendo via via gli aggiornamenti, condividendo o filtrando notizie per organizzare un fronte di resistenza, realizzare dei sopralluoghi, o semplicemente fare da staffetta per una controinformazione efficace su questa tematica. Un impegno, superiore al previsto, che ha comportato un notevole scompenso nella mia vita famigliare e nella mia estate, passata diversamente da come avrei sperato, al pari di tanti altri, coinvolti loro malgrado in questa inevitabile battaglia. Il JBP ci ha assorbito un sacco di energie che avremmo voluto spendere per cose migliori e più importanti, quando già quelle a disposizione ci erano appena sufficienti per gli impegni ordinari, anche sul fronte ambientale. Eppure, nonostante tutto, ci è sembrato, al momento dell’annuncio di questo tour, che occuparsene fosse una priorità, non solo per difendere i nostri litorali da una manifestazione che si presentava come un pericoloso fuori-scala, ma soprattutto per la consapevolezza che il suo impatto mediatico avrebbe determinato un punto di non ritorno , oltre il quale non solo proteggere le spiagge da un uso improprio, ma anche fare ambientalismo in senso lato, sarebbe diventato più difficile. 

I fatti ci hanno dato pienamente ragione e purtroppo i danni del tour sono andati oltre le più pessimistiche previsioni. Uno tsunami, di ipocrisia e opportunismo che ha distrutto qualunque cosa sul suo passaggio, con l’illusione di lasciare le spiagge pulite. Anzi più pulite di prima.

Nessuno di noi, credo, si aspettava un tale livello di violenza. Partivamo con la convinzione che tanti appelli, da parte di tanti enti e personaggi autorevoli, avrebbero permesso di instaurare un dialogo costruttivo per la minimizzazione degli inevitabili effetti collaterali. Invece, le immagini delle ruspe, che tappa dopo tappa hanno livellato le spiagge, azzerandone i rilievi dunali e gli strati vegetativi, e anche in siti riproduttivi sottoposti a tutela, ci hanno obbligato a vivere un vero film dell’orrore, reso ancora più scioccante da una negazione seriale dell’evidenza dei fatti, perpetrata con arroganza dagli organizzatori, dagli amministratori, e dallo stesso WWF, in una continua opera di mistificazione degna di un manuale della comunicazione. 

Adesso che siamo in settembre, alla fine dell’indegno baraccone ostentato su tanti lidi, possiamo fare la conta dei danni, e affermare che non solo le spiagge, con i loro ecosistemi, ma anche i comuni cittadini sono stati vittime di un grande sopruso, che tuttavia ha rappresentato anche un’occasione di risveglio civico, e una possibilità di risalto mediatico per sventolare la bandiera del Fratino di fronte a persone che nemmeno immaginavano l’esistenza di complesse problematiche naturalistiche, nell’uso delle spiagge per le attivita umane. Sono scoppiati scandali legati anche alla sicurezza, la viabilità, i costi diretti e indiretti impropriamente addossati ad amministrazioni ed enti pubblici, lo sfruttamento del lavoro volontario, lo spaccio di droghe all’interno del villaggio JBP, la sperimentazione con il 5G durante i concerti, la dispersione in ambiente di rifiuti plastici nonostante tutti i proclami plastic free. Ci sono stati continui colpi di scena e polemiche che non termineranno con la fine del tour. 

Di fronte a tutto questo, tappa dopo tappa, un fronte di opposizione duro e trasversale ha  fatto breccia nell’opinione pubblica, e sebbene non potesse competere con il Golia mediatico rappresentato dal tour, gli ha fatto male, molto male. Lo si capisce dalla reazione sempre più rabbiosa, e minacciosa, verso chiunque abbia proposto una narrazione alternativa al sogno pace, amore e ambiente che hanno cercato disperatamente di vendere. Siamo stati bollati come terroristi ambientali e propagatori di fake news, fino all’ultimo delirante sfogo di Jovanotti che ci ha equiparati alle fogne di Nuova Delhi, e ha segnato in fondo un punto a favore per tutti noi, perché la sua uscita per la prima volta ha compromesso notevolmente la sua immagine, e da cantante meno divisivo della musica italiana, si è ritrovato ad essere al centro di un ciclone di critiche. E questo sicuramente avrà le sue conseguenze per ogni eventuale seguito di questa sua avventura balneare. Le proteste sono sorte comunque spontaneamente in ogni tappa del tour, richiamando continuamente l’attenzione della stampa, tre tappe sono state annullate, o comunque spostate, sono state presentate diecine di esposti, che faranno il loro corso, come già avvenuto a Vasto, dove i carabinieri si sono mobilitati; sono emerse tante carenze documentali, tante palesi o presunte violazioni di legge, che richiederanno da parte nostra un ulteriore lavoro di approfondimento, al fine di presentare ulteriori ricorsi, contro questo immane sopruso cui abbiamo, nonostante una ferma opposizione, dovuto assistere.

Tutto questo ho provato a raccontarlo, anche solo selezionando e condividendo materiale di comune interesse. E se qualcuno vorrà aderire al crowdfunding mi aiuterà nelle ultime fasi riepilogative di questo impegno, e nella produzione di un documento di raccolta, non solo dei miei post dal blog, ma di tanti altri documenti o lettere che hanno scandito questa battaglia e che, sono convinto, bisognerà continuare a combattere anche attraverso incontri pubblici, senza perdere nessuna occasione per fare una corretta informazione. 

In una scala di valutazione più grande, questa vicenda è servita se non altro per creare nuove dinamiche di alleanza, necessarie a rimpiazzare il grande vuoto lasciato dal WWF, che in una battaglia che gli competeva si è inspiegabilmente schierato contro tutto il fronte ambientalista, è servita per capire ancora una volta che bisogna fare fronte comune, se non si vuole essere bollati come siglette ambientaliste in cerca spasmodica di visibilità, per poi finire nelle fogne di Nuova Delhi. 

In una scala di valutazione personale, penso che sarebbe stata davvero un'estate buttata al vento, dietro i vaneggiamenti di un artista al picco della sua megalomania, se non avessi avuto l’occasione di incontrare e conoscere tanti attivisti, o rinsaldare i legami con altri, e non fossi stato gratificato dalla possibilità di sostenere il loro sforzo, e rendere omaggio al loro impegno verso l’ambiente, o raccontare con sollievo degli stessi miracoli della natura che, nonostante tutto, continuano a rinnovarsi sulle nostre spiagge. Ultimo l’involo di Scirocco, l’ultimo fratino, dalla spiaggia di Ostuni. 

Ringrazio Augusto, Alessandra, Silvia, Mario, Menotti, Cora, Roberto, Cristian, Roberta, Vincenzo, Mauro, Serena, Ugo, Mario, Alessio, Salvatore e tanti, tanti altri compagni di questa avventura, che non mancherò di citare nell’ebook A chi jova beach tour. Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno dimostrato interesse e sostegno a questo mio e nostro sforzo personale, che hanno manifestato affetto e attenzione per la causa, che si identifica sotto la bandiera comune del Fratino. 


lunes, 2 de septiembre de 2019

GUASTO ALLE FOGNATURE DEL JBP


Oggi ci è stato segnalato un guasto alle fognature del JBP, con la fuoriuscita di liquami che sono andati a sommergere completamente la reputazione buonista di Jovanotti. Il guasto è stato originato da questo delirante post dello stesso Lorenzo, che ha denunciato con un’arroganza e una volgarità senza precedenti una miriade di cazzate sparate a vanvera da chiunque, una corsa al like facile da parte di sigle e siglette che hanno approfittato ogni giorno della visibilità offerta da un nome popolare e da un grande evento per cavalcare l'onda, mettersi in mostra, inventare palle, produrre prove false che nessuno mai verificherà perché la rete è così
Se oramai ci eravamo abituati alle sue esternazioni da bambino capriccioso e impertinente, condite da una italianissima disposizione a scavalcare qualunque regola che non gli vada a genio, la violenza di questo attacco indistinto contro tutto il mondo ambientalista italiano sta sollevando il gran polverone che merita. Immediate le risposte di tutte quelle sigle e siglette, e delle migliaia, o milioni, di italiani che si sentono offesi direttamente da tali indecenti parole, che culminano nel definire lo stesso mondo dell’ambientalismo più inquinato dello scarico della fogna di Nuova Delhi!  

Non credo che Jovanotti e il WWF, trascinato da lui nel fango, o piuttosto nel liquame, ne usciranno rafforzati, anzi... l’immagine che ci comunica Jovanotti è quella perdente, di un uomo all’angolo, disperatamente bisognoso di consenso plebiscitario, che reagisce rabbiosamente a ogni critica, non possedendo alcun argomento scientifico per controbattere - salvo poi affermare che l’ecologia e’ una scienza - oltre le sterili rassicurazioni della dirigenza WWF. Uno che non pensa più positivo insomma, ma molto negativo. E forse per questo, non dobbiamo arrabbiarci troppo: con una persona che si sta dimostrando così debole, fuori di senno, non ne vale la pena; dobbiamo invece ringraziarlo perché ci conferma, oltre ogni dubbio, di aver centrato l’obiettivo. Vuol dire che tanti mesi di opposizione sul campo, tante denunce precise e circostanziate, lo hanno infastidito, gli hanno fatto male al punto da gettare completamente la maschera buonista, o pacifista, o finto-ambientalista, per mostrarsi per quello che realmente è: un piccolo presuntuoso essere umano al picco della sua megalomania. Un re nudo, nonostante gli sgargianti abiti di Dior (anch’essi peraltro oggetto in passato di denunce da parte di Greenpeace per i coloranti poco eco-friendly). Si tratta di una clamorosa caduta di stile. Da domani la sua aura mediatica subirà un considerevole contraccolpo. Cui seguirà un inevitabile declino. 

Quello che stupisce di più nel post, tuttavia, non è la raffica di attacchi o insulti gratuiti, in perfetto stile Selvaggia Lucarelli: dopotutto Jovanotti, al pari di lei, è un ignorante, nel senso che ignora il funzionamento degli ecosistemi che clama di voler difendere, e ancor di più delle leggi che li tutelano, e per questo nemmeno pensa di doversi fare qualche problema nel piazzarvi sopra il suo mastodontico “villaggio”. Quello che lascia veramente basiti è l’assicurazione che dal WWF gli abbiano sempre confermato la totale infondatezza di qualunque accusa o denuncia, che è ben più grave: Io ogni giorno da novembre scorso mi confronto, e con me i responsabili della produzione, con il WWF e chiediamo a loro se le cose che girano in rete sono credibili e la riposta è sempre stata, dopo ogni verifica fatta, che non lo sono. C’era una criticità (non accertata pienamente, diciamo un rischio di criticità) sulla spiaggia di Ladispoli e ci siamo spostati.
Il WWF è dunque pienamente responsabile di aver dato stura a questa odierna fogna di insulti, di aver aizzato, contro quelli che fino a ieri erano i suoi compagni di battaglia sul fronte delle spiagge, questo tracotante eroe mediatico, approfittando della sua ignoranza, e della sua innata superficialità di paninaro della prima ora. Permettendogli, fra le tante, di dire una tale bestialità su Torre Flavia, dove la criticità secondo lui non era nemmeno accertata pienamente, in un luogo e una data dove l’anno prima il fratino era in nidificazione! E tutto questo per un misero tornaconto in termini di visibilità, per sfruttare la popolarità mediatica di Jovanotti. Come ho fatto in questo mio precedente post, torno ad invitare i soci WWF, le sezioni locali a dissociarsi apertamente da questa infamante dichiarazione del Cherubini, e quindi dal Jova Beach Tour in toto, perche' un’associazione dal prestigioso passato, con tanti progetti importanti in campo, e tanti volontari onesti e competenti, non può mettere in gioco la sua reputazione, fino a rischiare l’estinzione, per un party estivo, sponsorizzato dai trattori Landini.

E se i soci del WWF si sentono feriti, a maggior ragione devono esserli quelli delle altre sigle e siglette. So che molti stanno valutando se sporgere denuncia. Bisognerebbe difatti pensare tutti insieme a una class action contro queste parole gravemente offensive. Che si sommano a quelle di Maurizio Salvadori, il quale ha apertamente parlato di terrorismo ambientale. E se ci fosse un giudice giusto e imparziale, dovrebbe condannarli almeno a 1000 ore di volontariato sulle spiagge con una di quelle siglette che tanto disprezzano. Magari per rimediare ai danni del loro tour.

Ma potremmo anche lasciar perdere, e semplicemente riderci sopra, perché, come un piscio controvento, queste parole pronunciate con tanta rabbia, e sprezzo dell’altrui buona fede, gli torneranno in faccia. E il puzzo delle fognature di Delhi – indelicatamente tirata in ballo - gli resterà addosso a lungo.